ROMANO GUARDINI
CONVEGNO INTERNAZIONALE.
L’ATTUALITA’ DEL PENSIERO DEL TEOLOGO DEL PAPA.
Si è tenuto ad Isola Vicentina il convegno internazionale sulla figura del teologo italo-tedesco Romano Guardini, il teologo particolarmente caro, studiato e amato dal papa Benedetto XVI, teologo e pensatore che a Isola ritornava ogni anno per passare dei giorni di vacanza nella sua tenuta di campagna, che comprende uno splendido parco in cui Guardini meditava e riceveva le visite di illustri personaggi come il card. Roncalli, futuro papa Giovanni XXIII, e il filosofo Giuseppe Faggin. Ad Isola Guardini scrisse molte opere e ricevette il premio “Communitas Insularum” e la cittadinanza onoraria. In quell’occasione il filosofo disse. “Quasi tutte le mie idee sono nate e maturate qui, sotto gli alberi di Isola, tra le sue belle colline e la vasta pianura vicentina”. Cade quest’anno il quarantesimo anniversario della sua morte. Romano Guardini morì il primo ottobre del 1968 a Monaco di Baviera. Al convegno c’erano i più grandi esperti europei della sua opera, soprattutto va sottolineata la presenza di Silvano Zucal che ha curato l’opera omnia del pensatore per le edizioni della Morcelliana. H. B. Gerl, dell’università di Dresda, ha parlato del giovane Guardini nel suo rapporto esistenziale con le arti, Zucal, dell’università di Trento, ha illustrato il tema del concetto di Rivelazione nel filosofo, M. Nicoletti, dell’università di Trento, ha presentato il rapporto fra religione e politica e il prof Knoll, dell’università di Ratisbona, della visione del mondo, che traduce il termine tedesco Weltanschauung, come approccio scientifico del pensiero del teologo, Battista Borsato ha presentato il tema del “Signore” come profezia del Concilio Vaticano II, il prof. G.A. Di Donna, dell’università di Padova, della liturgia come “I santi Segni”, segno di Cristo, il prof. F. Riva, dell’università cattolica di Milano, ha parlato del tema del rito, come luogo antropologico del divino, e il prof. Goisis, dell’università di Venezia, ha indicato in Guardini come il filosofo che intuì nel nazismo lo sfondo gnostico e neopagano. Due interventi locali come quello dello storico A. Berlaffa che ha parlato dei legami di Guardini con Isola, da cui è emerso che il teologo era guardato con diffidenza nel paese perché schivo e solitario, non celebrava la messa tutti i giorni, vestiva abiti civili e firmava il registro delle messe con i suoi titoli accademici e quello di Giuliana Fabris che ha illustrato la teoria scientifica del filosofo, l’opposizione polare come geometria della vita personale quando l’orizzonte è l’Assoluto.
Il convegno, dopo i saluti di rito delle autorità locali, è stato aperto dalla biografa di Guardini Hanna Barbara Gerl Falkovitz che ha definito Guuardini come “padre della Chiesa del XX secolo”, e che ha evidenziato come il giovane filosofo negli anni del suo sviluppo interiore fosse un commosso ascoltatore di musica, un appassionato contemplatore di arte figurativa, un visitatore delle mostre di pittori a lui contemporanei, nonché un interprete di poesia. In seguito questa vasta gamma di interessi si ridusse alla pittura, alla letteratura e all’architettura. La relatrice ha messo in rilievo sull’importanza delle arti per il teologo, in quanto le riteneva un mezzo di accesso privilegiato all’empatia dell’anima, al cuore dell’uomo. Silvano Zucal, ha scritto dell’attualità numerosi saggi sul pensiero di Guardini e sul suo rapporto con Benedetto XVI che lo ha definito “grande figura, interprete cristiano del mondo e del proprio tempo”, nel suo libro “Perché siamo ancora nella Chiesa” e che, nei suoi scritti, lo cita assiduamente. Il filosofo infatti non ha scritto solamente molti libri tradotti in molte lingue, ma nel suo tempo è riuscito a plasmare un’intera generazione, la generazione alla quale lo stesso Pontefice si sente di appartenere. Già questo rappresenta di per sé un frutto duraturo della lezione guardiniana. Esiste un singolare intreccio biografico tra la personalità del papa e dello studioso italo-tedesco. Nel viaggio di Benedetto a Verona del 19 ottobre 2006 si è rivelato un aspetto particolare nel senso che Verona è la città che ha dato i natali al filosofo e in quell’occasione il papa con grande commozione ha ricevuto in dono una copia dell’atto battesimale di Guardini, il cui battesimo era avvenuto nella chiesa di San Nicolò all’Arena. C’è un singolare incrocio di destini tra lo studioso veronese e il teologo che diventerà papa. Guardini se ne andò fin dalla primissima infanzia dall’Italia e diventò tedesco per formazione intellettuale e spirituale. Dopo gli anni dell’insegnamento a Berlino dal 1923 al 1939, nel secondo dopoguerra, dopo i tre anni di docenza a Tubinga dal 1945 al 19548, egli insegnò ininterrottamente a Monaco di Baviera “visione cristiana del mondo” (christliche Weltanschauung). La città elettiva di Guardini è Monaco, dove morì, mentre Ratzinger compì esattamente il cammino contrario. Dopo l’insegnamento di dogmatica e di teologia fondamentale presso la Scuola superiore di Frisinga, egli continuò la sua attività di insegnamento a Bonn (1959-1969), la città della formazione e degli esordi di Guardini, a Münster (1963-1966) e infine a Tubinga per un triennio (1966- 1969), come accadde allo stesso Guardini. Dal 1969 insegnò invece dogmatica e storia dei dogmi presso l’Università di Ratisbona, ma il 25 marzo 1977 Papa Paolo VI lo nominò arcivescovo di Monaco e Frisinga. Come già per Guardini, Monaco sembrava anche per Ratzinger la tappa definitiva. Invece le due strade si divaricarono. Se il filosofo veronese è stato chiamato per sempre al Nord, in quella Monaco che egli tanto amava perché la sentiva come una sorta di città-sintesi in cui anche la sua anima italiana poteva trovarsi a casa, il teologo tedesco vide invece il Sud come destino. E non tornò più a casa anche quando il desiderio del ritorno alla sua Baviera era impellente e sembrava poter essere soddisfatto. Roma e l’Italia diventarono la sua definitiva patria spirituale. Al di là di questi itinerari, insieme incrociati e opposti nelle direzioni, queste due figure straordinarie ebbero modo di incontrarsi anche personalmente. Ratzinger fu non solo lettore di Guardini ma anche in qualche occasione uditore come lo era stato a Berlino il grande teologo Hans Urs von Balthasar. Negli anni che vanno dal 1946 al 1951, proprio gli stessi anni in cui Ratzinger studiava presso la Scuola Superiore di filosofia e teologia di Frisiga, nelle immediate vicinanze della capitale bavarese, e poi all’Università di Monaco, Guardini assunse in quella stessa città, in quell’Università e nella Chiesa locale monacense, quel ruolo di leadership intellettuale e spirituale che tutti gli riconoscono. Per Ratzinger, allora poco più che ventenne, il fascino di una figura come quella di Guardini è indiscutibile e ne segnò fortemente il suo stesso profilo intellettuale. Quando, a partire dal 1952, egli iniziò la sua attività didattica nella medesima scuola di Frisinga dove era stato studente, l’eco delle lezioni guardiniane arrivava ben forte nella cittadina che respirava quanto di culturale e intellettuale accadeva nella vicina capitale bavarese. E il rapporto intellettuale fra il futuro papa e il “maestro” Guardini è straordinariamente intenso. Sono infatti molteplici gli elementi che accomunano i due pensatori che diventarono poi figure decisive della Chiesa del Novecento. Se l’uno diventerà cardinale e poi Papa, anche a Guardini verrà offerto il cardinalato a cui poi rinuncerà. Entrambi sono preoccupati di ritrovare l’essenziale del cristianesimo cercando di rispondere alla provocazione feuerbachiana. Su questo Guardini scrisse nel 1938 la splendida opera “L’essenza del Cristianesimo”, mentre Ratzinger dedicò allo stesso tema la sua “Introduzione al cristianesimo”, scritta nel 1968, indubbiamente la sua opera più celebre e anche, con ogni probabilità, la più importante.
Guardini e Ratzinger erano preoccupati per la Chiesa, il suo senso e il suo destino. Se Guardini profetizzava nel 1921 che “un processo di grande portata è iniziato: la Chiesa si sveglia nelle coscienze”, in modo più drammatico invece Ratzinger si poneva con eguale radicalità il problema ecclesiologico che è stato largamente disatteso se non abbandonato dalle grandi masse dei credenti d’oggi. Ratzinger rovesciava la prospettiva guardiniana mettendo in guardia le coscienze: “un processo di grande portata è iniziato: la Chiesa si spegne nelle anime e si disgrega nelle comunità”.
Gianni Giolo
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