CORRADO AUGIAS
LA PRESENTAZIONE A BASSANO NEL SILENZIO DELLA STAMPA LOCALE.La presentazione bassanese a Palazzo Roberti del libro di Corrado Augias “Inchiesta su Gesù” è avvenuta nel più completo silenzio della stampa locale. Il libro è per la cattolicissima Vicenza uno scandalo e un macigno perché nega il fatto stesso fondante del cristianesimo e cioè la resurrezione di Cristo. Questo perché il laico di sinistra Augias, che come tutti i laici di sinistra alla moda, ha sempre escluso dal suo patrimonio culturale i temi religiosi, ha deciso così all’improvviso di scrivere una vita di Cristo dopo l’enorme successo mondiale del libro di Dan Brown che parla di Cristo e del Cristo bene o male ricostruito dalla storia della Chiesa e dalla storia del cristianesimo. Solo una persona che ha passata tutta la vita a studiare la figura di Cristo, come ha fatto il vicentino don Battista Borsato che ha scritto la vita di Cristo “Quale Gesù”, può permettersi il lusso di scrivere una vita di Cristo. E Augias, sprovvisto forse di quel minimo di bagaglio culturale che una persona istruita per quanto poco possiede, è andato a intervistare Mauro Pesce, professore all’università di Bologna, autore del libro di successo “Le parole dimenticate di Gesù” (fondazione Lorenzo Valla – Mondadori). Bisogna però riconoscere a Augias, prestigioso alfiere del giornalismo colto, che la sua operazione mediatica è stata fatta con onestà intellettuale e con l’abilità di mediatore culturale che tutti gli riconoscono. E bisogna dar atto a Pesce che è riuscito nella sua operazione di divulgare e diffondere tra il grande pubblico i risultati della scienza storica (ma anche di altri possibili approcci, dall’antropologia alla psicanalisi) riguardo ai temi religiosi, rendendo così un indispensabile servizio alla convivenza e alla tolleranza, in un mondo moderno che ne ha e ne esprime un crescente bisogno per evitare quello scontro di civiltà in materia religiosa che tutti paventano. La sottolineatura dell’ebraicità di Gesù, cosa su cui insiste molto anche la vita di Cristo di Borsato, che viene fatta passare come novità del libro, è scontata ed affatto nuova, eppure tanto scontata non è per i più, vista la reazione stupita di molti lettori, forse quei molti che non si sarebbero mai accostati a questi argomenti, se non li avesse attirati il nome di Augias e l’efficace formato dell’intervista. Il libro non è stato scritto per i credenti e nemmeno per i non credenti devoti alla Giuliano Ferrara, ma rifugge da quell’atteggiamento ferocemente anticlericale e antiecclesiale che caratterizza e affligge una parte della società e della cultura laica italiana. L’attenzione esplicita di Pesce tesa a far capire che il testo non fosse in alcun modo sospettabile di offendere o confutare la fede cristiana, non impedisce comunque di notare che, nell’impostazione data da Augias, con le sue domande e le sue introduzioni a ogni capitolo, permane, forse inconsapevolmente, un pregiudizio antireligioso di matrice illuministica. E’ questa concezione che spinge l’autore a negare il fatto fondante del Cristianesimo e della fede cristiana e cioè la resurrezione di Cristo che Augias definisce il “più poderoso edificio di speranza che gli uomini abbiano mai ricostruito” sottintendendo, quindi, che come fatto storico la resurrezione di Gesù sia da escludere, per principio, in quanto impossibile miracolo. Il libro, in termini più subdoli e raffinati lascia intendere di dare credito alla tesi grossolana e sprovveduta del “Codice da Vinci” di Dan Brown, secondo il quale la verità sul Gesù storico sarebbe stata tradita ed occultata dalla Chiesa. Questa impressione, anche se vivamente respinta da Pesce, resta e resta anche in discussione se il libro colga o meno l’obiettivo che si è posto, e cioè la mediazione culturale di un complesso dibattito storico ed esegetico. Rimane, insomma, il dubbio che l’arbitro rinunci al suo ruolo per fare l‘attaccante. E forse per questo vizio ideologico di fondo l’obiettivo del libro è mancato, anche perché al lettore non vengono forniti gli strumenti bibliografici utili a comprendere e discutere le tesi cruciali. Un cattolico praticante e impegnato difficilmente si riconoscerà nell’assunto implicito e abbandonerà la lettura, perdendo anche l’opportunità di nuove conoscenze che pure il libro gli potrebbe fornire. In particolare la “ebraicità” di Gesù, su cui insiste anche la ricostruzione del Salvatore “puro ebreo” fatta da don Borsato (facendo proprie le tesi di Hans Küng e Pinkas Lapide), secondo il quale Gesù non voleva affatto fondare una nuova religione e una nuova chiesa in contrapposizione alle altre chiese, ma il suo scopo era solo quello di perfezionare e “disincrostare” la religione ebraica, tanto impolverata da non rispondere più alla parola di Dio, è motivo di estremo interesse, anche se non è detto che debba essere letta nella stessa chiave proposta da Pesce-Augias, di una discontinuità tra Gesù, ebreo e non cristiano e la successiva Chiesa cristiana. Borsato sostiene che è stata la chiesa cristiana dopo la resurrezione a non riconoscersi più nella religione ebraica, ma la discontinuità può essere individuata anche in Gesù stesso, nella resurrezione, e i discepoli possono aver rielaborato l’incontro con Gesù risorto all’interno del retaggio giudaico, riprendendolo alla luce della resurrezione e, reciprocamente, per capire la resurrezione stessa. Insomma il difetto del libro di Augias è di aver affrontato in maniera ambigua e contraddittoria la materia fondamentale del Cristianesimo disorientando sia il lettore credente che quello laico e in tal mondo indebolendo l’efficacia della sua mediazione culturale, dando spazio a questioni più sensazionali, affrontate con un approccio vagamente morboso, come quelle della verginità della Madonna e dei fratelli di Gesù. Per tutti questi motivi la Civiltà Cattolica, nella persona del gesuita Giuseppe De Rosa ha stroncato il libro e lo ha definito “un attacco frontale alla fede cristiana”. Per De Rosa il libro nega “tutte le verità cristiane essenziali, quali la divinità di Gesù, la sua incarnazione, la sua concezione verginale, il carattere redentivi della sua morte, la sua resurrezione dalla morte”. Il gesuita definisce poi “assolutamente inaccettabile proprio sul piano della storia” la frattura che il biblista Pesce pone fra il Gesù della storia e il Gesù della fede, perché “in realtà” questa frattura non esiste”. Critica che Augias respinge sostenendo che il suo scopo era quello di studiare la figura di Cristo dal punto di vista storico come una qualsiasi altra figura storica e che Gesù “privato del suo mantello teologico diventa una figura più affascinante, perché più drammatica, più fragile, una figura da amare, che si capisce molto di più senza fede”. Ma Augias non si avvede che un Cristo così ridotto nella sua dimensione puramente umana non avrebbe potuto rivoluzionare la religione del suo tempo dando vita, suo malgrado, a una nuova religione che avrebbe cambiato il corso dell’umanità e della storia.
Gianni Giolo
C. AUGIAS, Inchiesta su Gesù, Mondadori, euro 17,00
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