Gianni Giolo
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MARIO ISNENGHI

L’IDENTITA’ VENETA

Nell’articolo, apparso sul Corriere Veneto dell’8 gennaio, il presidente della Provincia di Treviso Luca Zaia ha illustrato i cinque punti della “Carta dei veneti”: autonomia, religione, tradizione, storia e cultura, cinque parole che vanno sotto il nome di “identità veneta”, parola estremamente importante se la Regione Veneto, unica in Italia,  ha istituito un assessorato apposito che ha il compito di  promuove “politiche per la cultura e identità veneta”. Ma cos’è questa identità veneta? L’anno scorso su  questo tema è stato fatta una tavola rotonda, promossa da Mario Isnenghi,  presso il dipartimento di Studi storici dell’Università “Ca’ Foscari”. Prima di tutto questa identità veneta esiste o è un’invenzione di una minoranza politicizzata, come dice Mario Fincardi,   interessata a fare di simili suggestioni il contorno “etnico” che sta alla base del proprio potere? E,  se esiste,  quali sono le sue origini storiche? Claudio Povolo, docente di istituzioni politiche a Ca’ Foscari, sostiene che l’identità veneta affonda le sue radici nella struttura   orizzontale della Repubblica veneziana che si contrappone a quella piramidale delle monarchie europee. “Alle soglie dell’unificazione italiana, – scrive lo studioso – ed ancora per qualche successivo decennio, le vicende storiche lagunari sono utilizzate per sottolineare una presunta diversità storica delle città (e dei territori che le appartennero per secoli) rispetto a uno stato che si prospettava, nelle sue linee di fondo, come un organismo accentrato e unificante. Il richiamo alla Repubblica era dunque funzionale ai ceti dirigenti veneziani per rivendicare una tradizione storica che, a loro giudizio, si era sempre caratterizzata per la sua struttura istituzionale incline alla concessione di autonomie e di ampie libertà nei confronti dei territori soggetti”. Agli albori dello stato italiano il mito celebrativo della Repubblica di Venezia viene contrapposto alla struttura centralistica e burocratica dello stato italiano, modellato sulla struttura piramidale dello stato francese. Repubblica aristocratica insediata in una città lagunare,  ma provvista di vasti territori situati sia nella penisola italiana che ad Oriente, la Serenissima si caratterizza da subito come un’organizzazione statuale che si contrappone vistosamente, per i suoi valori ideologici e, soprattutto, per la sua organizzazione, ai principati e alle monarchie europee.  Primus inter pares il doge non può essere paragonato agli altri principi italiani ed europei, perché la sua attività si svolge quasi esclusivamente nell’ambito di organi collegiali. Egli governa i sudditi, non attraverso una corte che possa inglobare nel potere centrale la nobiltà locale,  ma attraverso i patrizi veneziani, determinando quella nota separatezza politica e giuridica tra centro dominante e centri sudditi.   L’assenza di una struttura gerarchica e  la separatezza hanno profonde influenze sugli stessi ceti emergenti locali. Sia i lignaggi aristocratici della Terraferma (una gerarchia impostata sull’onore) che le famiglie borghesi cittadine e rurali (una gerarchia incentrata sulla ricchezza) non sono mai in grado di ascendere socialmente (se non per via di cooptazione) sino a entrare a far parte della struttura stessa dello stato veneziano. Questo scollamento fra centro e periferia  è all’origine del municipalismo che è una delle peculiarità fondamentali ed evidenti della società soggetta alla Serenissima. “Se il municipalismo  fu (ed ancora è)  - sottolinea lo storico – uno dei tratti della società veneta, la sua dimensione religiosa e parrocchiale fu tale da caratterizzare pure quella che possiamo definire la sua ambiguità culturale. La struttura parrocchiale svolse infatti una funzione rilevante nell’ambito del municipalismo veneto: e laddove non fu coincidente, fu comunque sempre in grado di prevalere connotando il rapporto assai stretto tra popolazione, le sue tradizioni e le sue consuetudini”. L’identità veneta quindi appartiene a un sostrato culturale connotato dalla diffidenza nei confronti dell’esterno e da valori fortemente pervasi dalla dimensione municipalistica e religiosa. Ma se il mito celebrativo di Venezia era elaborato esclusivamente in ambito accademico e volto a rivendicare i fasti della storia quello dell’identità affonda le sue radici negli strati più profondi della popolazione veneta sia cittadina che rurale.

 

                                                                                      Gianni Giolo

 

 


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