Gianni Giolo
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GIGI GHIROTTI

PICCOLO MAESTRO DI VICENZA

 

Nella Sala Lampertico della Casa di Cultura Popolare Fernando Bandini, Emilio Franzina, Renato Cimurri e i giornalisti Cesare Galla e Giorgio Pecorini hanno presentato la figura e l’opera di Gigi Ghirotti. L’appuntamento, intitolato “Il segno della cronaca nella storia. Omaggio a Gigi Ghiotti, inviato speciale”, si è aperto con la proiezione di un estratto significativo dell’ultimo lavoro di Ghirotti “Lungo viaggio nel tunnel della malattia”, trasmesso nel 1973 dalla Rai, suscitando enorme scalpore nel paese. Dotato di una scrittura diretta e immediata, senza ripensamenti e pentimenti,  Ghirotti era stato per più di 25 anni una firma di punta del quotidiano La Stampa. Dalle colonne del giornale torinese seguì la fasi incerte e contraddittorie della modernizzazione del paese. Ne nacquero inchieste, alcune poi confluite in saggi (“Italia mia benché” del 1963; “Il magistrato” del 1963, “Mitra e Sardegna” del 1968, “Mariano Rumor” del 1970) sui temi più eterogenei e particolari della vita nazionale: articoli di politica, di costume, di cronaca giudiziaria. L’inizio degli anni Settanta segna per Ghiotti la scoperta più dura. “Ho un tumore maligno e lo so. Un cupo inquilino, l’oscuro signor Hodgkin”, scriverà in un celebre pezzo. Ma la necessità di testimoniare e l’impegno civile, appreso per sua stessa ammissione, negli anni tragici della Resistenza, lo indurranno a superare le angosce della propria personale sofferenza e a offrire un’ultima altissima prova di giornalismo che aprì squarci inquietanti, inediti e scioccanti sulla situazione della sanità pubblica in Italia. Nell’appuntamento organizzato dalla casa di Cultura Popolare sono state ripercorse la tappe significative della sua vita di giornalista. Emilio Franzina, dell’Università di Verona,  ha affrontato il periodo azionista, il periodo, cioè, della guerra partigiana, soffermandosi, poi, sugli esordi giornalistici al Giornale di Vicenza che, tra il 1945 e il 1950, fu un autentico laboratorio culturale creato da un altro grande giornalista vicentino, Renato Ghiotto. Renato Camurri, sempre dell’Università di Verona, ha affrontato, invece, il giornalismo d’inchiesta di Ghirotti e di come Ghirotti stesso fu il primo giornalista vicentino moderno, sapendo anche intuire fra i primi in Italia, l’enorme potenzialità dei moderni mezzi di comunicazione di massa. Cesare Galla, responsabile della pagina culturale del Giornale di Vicenza, ha affrontatole differenze tra il modo di realizzare le inchieste, fare informazione e giornalismo oggi rispetto agli anni di Ghirotti. Giorgio Pecorini, che ha raccolto in un volume molti articoli di Ghirotti sulla Sardegna e ha recuperato il filmato della Rai che è stato proiettato,  ha rievocato, con testimonianze, l’amico di quegli anni. Fernando Bandini, presidente dell’Accademia Olimpica, ha tratteggiato un ricordo commosso e memorabile dell’amico: “Gigi Ghirotti che abbiamo visto in immagini intense e indimenticabili era portatore di una intensità nella comunicazione che andava in proporzione inversa alla semplicità delle forme sia nella sua parola che nei suoi scritti. Rileggendo questo straordinario libro curato da Pecorini, che raccoglie scritti di Ghirotti sulla Sardegna nel corso delle sue inchieste e sulla propria malattia, si avverte proprio questo fenomeno e cioè la capacità che lui aveva di rappresentare il massimo della profondità delle sue convinzioni con il massimo della pacatezza e della semplicità della parola. Noi siamo raccolti qui stasera per ricordarlo. Per alcuni di noi anziani è una presenza indimenticabile. Vedendo le immagini del filmato abbiamo riconosciuto lui e le persone che gli erano attorno. Lo stesso colore della pellicola nello sbiadito bianco e nero delle riprese sembrava ricordare un’aria  e un clima diverso della città. Allora noi tutti ci chiediamo che cosa sia successo di questa parte della città, come mai essa sia irrimediabilmente scomparsa. Quando uno vede quei visi noti come Neri Pozza è portato, se ha un po’ di conoscenza magari tramandata da persone più anziane o da scritture, che c’era stata una certa continuità nel passaggio delle generazioni, generazioni, come quella di Ghirotti che hanno dovuto fare i conti da una parte con il proprio impegno interiore morale e dall’altra con la storia. Sono qui presenti alcuni suoi compagni di montagna. Pecorini cita il passo straordinario del libro dei “Piccoli maestri”  quando Gigi Meneghello dice: “eravamo partiti con  l’intenzione di compire una eliminazione (cosa che poi non avvenne) ed eravamo tutti armati, fuorché Gigi Ghirotti,  che si era soltanto munito di badile per procedere alla sepoltura della vittima, perché era contrario a ogni forma di militarismo”. E’una battuta arguta e umoristica di Meneghello, la cui arguzia e umorismo talvolta lasciano perplessi, ma che ben servono a definire la figura di Gigi. Ora  Ghirotti in questa sala c’è stato molte volte e ha insegnato. Gigi Ghirotti fu un piccolo maestro non solo perché aveva fatto il liceo classico e riportava dieci in latino e dieci greco, dieci in chimica e dieci in fisica, ma fu maestro perché insegnava, come hanno insegnato in questa saletta maestri come Licisco Magagnato (e a questo punto la voce di Bandini si è incrinata commossa n.d.r.). Siamo tutti qui a ricordare non solo una persona che ha portato avanti la sua passione giornalistica in maniera esemplare e che, negli ultimi anni della sua vita, si è fatto attore di una testimonianza splendida. Noi nel nome di Gigi Ghirotti commemoriamo noi stessi, le nostre speranze, i nostri ideali, ma non con il pensiero di una liquidazione di tutto ciò che ha costituito un patrimonio della nostra giovinezza, ma convinti che conviene ricordare persone che sono scomparse perché questo ci dà anche carica per il futuro. Ricordo che quando venne a Vicenza, in occasione delle elezioni amministrative,  mi telefonò e mi chiese consigli su chi doveva votare. Io, che allora ero impegnato come militante in un partito della sinistra,   gli feci un quadro della situazione politica della città e all’interno di quel quadro feci i nomi anche di un paio di democristiani. E lui si meravigliò di questo. L’insegnamento che Ghirotti ci ha dato è stato la tensione etica, la moralità. Egli combattè il suo male con la stessa forza con cui era andato in montagna a combattere per la Resistenza. Credo che questo sia l’insegnamento più grande che lui ci ha lasciato”.

 

Gianni Giolo

 

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