Il romanzo viene pubblicato, presso l’editore Baldini e Castoldi, il 5 novembre 1905. Lo stesso giorno escono con grandi titoli tre articoli del “Corriere”, dell’”Avvenire” e del “Giornale d’Italia”. Il libro, preceduto da una campagna di stampa “americana” , va a ruba. Ne parlano tutti i giornali italiani e molti stranieri. I ritagli degli articoli formano tre grossi volumi visibili nella Biblioteca Bertoliana di Vicenza. I semplici titoli occupano quindici pagine di fitta stampa nella bibliografia del 1912 curata da Sebastiano Rumor. Il 7 novembre esce sulla “Tribuna” una feroce stroncatura dell’allora celebre Rastignac (Vincenzo Morello) il quale definisce la riforma generale della Chiesa sostenuta nel romanzo “un’assurda concezione mediovalistica” anzi “trogloditica” della religione. “Ha visto Rastignac nella “Tribuna” di ieri sera?” – scrive, il giorno dopo, il romanziere a Filippo Crispolti - “Era un’ostilità provocata e desiderata, tanto più gradita quanto più eccessiva”. La maggior parte della stampa, pur con giudizi critici diversi, si rende conto di essere in presenza di un romanzo di grande valore morale e religioso, un “romanzo di idee”, come aveva sostenuto lo stesso Fogazzaro nella conferenza “Dell’avvenire del romanzo in Italia”, pronunciata a Vicenza nel 1872 , nove anni prima del suo esordio narrativo con Malombra. Giovanni Papini, nel Leonardo dell’ultimo trimestre del 1905, si dimostra il migliore interprete della straordinaria novità del romanzo nel panorama vuoto e asfittico della narrativa italiana del tempo: “L’esecuzione sarà inferiore alla visione, ma la visione è grande e ardita, e di questo appello alla vastità e alla gravità della vita moderna bisogna lodare senza restrizioni Antonio Fogazzaro. In un paese come l’Italia, dove i romanzieri non sanno uscire dai soliti tipi della moglie adultera, del mondano epicureo, del superuomo sfortunato, dell’apostolo umanitario, un romanzo come Il Santo, che ci richiama ai problemi dell’anima nostra e alla serietà della vita, è una nobile ed eccitante anormalità che bisogna ammirare”. Il successo editoriale del romanzo è immenso. Il Santo diventa il primo best seller veneto (ma sarebbe meglio dire italiano) del Novecento, che vede in poco tempo numerose edizioni, traduzioni in moltissime lingue compreso il giapponese, e vende centinaia di migliaia di copie in tutto il mondo. Il romanzo nei paesi di lingua inglese, in particolare negli Stati Uniti, ha addirittura un’accoglienza trionfale e in un anno vende più di centomila copie. Il Santo, – scrive Paolo Marangon, nel “Modernismo di Antonio Fogazzaro” - “l’evento culturale per eccellenza del modernismo europeo”, viene immediatamente percepito come una sorta di manifesto delle nuove idee di riforma della Chiesa e il suo autore diviene il leader più famoso e rappresentativo del movimento”. Il giornale vicentino cattolico Il Berico lo presenta come “la sintesi narrativa” di tutti gli errori dei modernisti. La Civiltà Cattolica si rammarica dello “strombazzamento pubblicitario” del romanzo e teme che le nuove idee escano dalla sparuta cerchia degli intellettuali e dei teologi e raggiungano la massa dei fedeli. Il papa in persona chiede alla rivista dei gesuiti una puntuale confutazione del romanzo. “La colpa che gli faccio – confida Pio X a Crispolti – è di servir da scudo coll’autorità del proprio nome a molti giovani che non si butterebbero per vie pericolose se non si sentissero spalleggiati da lui”. Per questo Il Santo viene inserito nell’Indice dei libri proibiti il 5 aprile 1906. Al decreto della sacra congregazione Fogazzaro risponde con una sola parola: silentium.
Gianni Giolo