ANDREA GASTNER

 

“SUL FIUME TRA GLI ARGINI”, IL SETTIMO LIBRO DI ANDREA GASTNER.

 

Andrea Gastner,  il popolare cantore della civiltà del Brenta e del tabacco, delle masiere e dell’Altopiano, della vita dura e aspra della gente veneta, dopo sei romanzi “Valle amara” (1998 tre edizioni), “La levantina” (1999) e “Shalom” (2001), la cosiddetta trilogia della valle del Brenta e dei Drigo”, “I racconti della Canal del Brenta” (2002, due edizioni) e “Stagioni lontane” (2004), “Eugenia Venier” (2006) ritorna con un altro poderoso libro di racconti “Sul fiume tra gli argini”, un titolo modellato sul celebre “Di là dal fiume e tra gli alberi” di Hemingway.  Tredici racconti uniti dal tema conduttore e dal leit motiv del grande fiume, che l’autore definisce “vero autore di trame infinite”. E in questo collante grandioso ed epico sta la bellezza corrusca e  spietata  del libro che trova la sua unità nel cammino eterno e gigantesco del fiume verso il mare, un viaggio che finisce con l’incontrare storie che, come afferma l’autore,  “lasciano il segno”, che si incidono nel profondo di un lettore che conosce e vive in una terra che, dai paleoveneti fino alla tragiche esperienze della seconda guerra mondiale,  ha visto rivolgimenti e sconvolgimenti, tragedie e odi indelebili non ancora assopiti e dimenticati dopo tanti anni dai fatti e dalle lacerazioni che essi hanno segnato nel popolo veneto.  Il primo episodio dà il titolo del libro: la storia di due giovani, uno italiano e uno tedesco, nati nello stesso giorno, mese ed anno e morti all’ospedale di Marostica nello stesso giorno, assistiti da una madre che stringe la mano di entrambi e li accompagna nel viaggio solitario della morte. A Pove un cippo ricorda ancora oggi il loro sacrificio. Un episodio storico, in cui, come dice Gastner,  la realtà supera la fantasia. “Dal ponte di Nove, sullo sfondo, campeggiano l’Altopiano di Asiago e il Massiccio del Grappa, a dividerli il Brenta. Sembra rivivere una vicenda che colpisce per tutte quelle strane, incredibili coincidenze: ma è finita davvero? Oppure è soltanto un capitolo di una storia infinita? Chi si ferma, legge e scuote la testa, incredulo. Due vite parallele stroncate sul greto del fiume, una madre che non ha mai voluto raccontare cosa disse quella notte a due ragazzi che affrontavano il loro ultimo viaggio, insieme: Kurt e Nico (questi i nomi dei due giovani ndr.), da allora, non si sono più lasciati”.

Oltre al tema della morte un altro motivo che affiora nei racconti di Gastner è la concezione del fluire della vita e della funzione dell’arte il cui compito è quello di fissare un attimo della fuga del tempo nell’eternità di un’immagine. Così nel racconto “Il ladro di volti” Gastner descrive la fermata forzata di uno strano artista, in una delle tante stazioni ferroviarie che costeggiano il canale del Brenta. Entra in un’osteria, ordina qualcosa da mangiare e poi estrae il suo album e la sua matita e ritrae i quattro presenti che giocano a carte, che rimangono immobili come pietrificati, come in un quadro di Caravaggio.  Lo strano personaggio poi se ne va e riprende il treno portando con sé il volto di quegli abituali e diffidenti avventori di un’osteria sconosciuta e sperduta affossata a canyon dove si potevano toccare quasi con mano i dirupi.

La popolazione della Valle del Brenta per Gastner si divide fra “chi lascia il segno” e “chi sparisce nel nulla”. Una distinzione già manzoniana che, nell’introduzione dei Promessi Sposi, polemizzava con gli storici del Medioevo che riportavano solo le vicende memorabili dei potenti e dei conquistatori, mentre “anche un’immensa moltitudine d’uomini, una serie di generazioni che passa sulla terra inosservata, senza lasciar traccia è un triste ma importante fenomeno”. Come  Manzoni rivolgeva la sua attenzione alla “gente meccanica” e di “piccol affare” e cioè a due ignoti popolani come a un  Renzo e ad una  Lucia e li collocava al centro della storia, così Gastner dell’immensa popolazione della Valle del Brenta che è vissuta per secoli ed  è passata “senza lasciar traccia” si fa mentore e testimone di tante piccole grandi gesta di una gente che è vissuta lasciando il suo piccolo segno di bene e di eternità, come un artista che “fissa un attimo di vita” e una madre che stringe la mano del figlio ucciso e del suo uccisore, una “mater dolorosa” che piange sulle tragedie di due famiglie e della storia.

 

                                                                                              Gianni Giolo

 A. GASTNER, Sul fiume tra gli argini, Editrice artistica bassanese, euro 15,00